Apollo è una delle divinità del mito greco e romano. Dio del Sole (di cui traina il carro), della musica, della profezia, della poesia, delle arti mediche (il Dio della medicina è infatti suo figlio Asclepio), delle pestilenze e della scienza che illumina l’intelletto, è spesso riconoscibile per la presenza degli attributi del sole o della lira. Quale Dio della poesia è a capo delle Muse. Nelle fonti antiche è descritto anche come un provetto arciere in grado di infliggere, con la sua arma, terribili pestilenze ai popoli che lo osteggiano. Protettore della città e del tempio di Delfi, Apollo è infine venerato come divinità oracolare capace di svelare, tramite la sacerdotessa Pizia, il futuro agli esseri umani; anche per questo fu considerato uno degli Dei più importanti dell’Olimpo.
Si narra che la scultura sia stata strappata dalle maglie della rete di alcuni marinai del golfo salernitano, in un mattino del Dicembre 1930. Le saldature lungo l’orlo, il taglio non simmetrico all’altezza del petto e delle spalle, proverebbe che la testa appartenne ad una statua a figura intera. I danni subìti sono fortunatamente pochi: sul petto, a sinistra, manca parte dell’orlo e frontalmente manca uno dei tre riccioli, al centro della chioma.
L’opera raffigura la testa del Dio Apollo, con proporzioni al di sopra del naturale e lineamenti del volto intenzionalmente idealizzati, tipici delle raffigurazioni simboliche di divinità. Il viso carnoso, quasi efebico, con lunga chioma a scendere sulle spalle, rivela una raffigurazione del Dio in fiorente giovinezza. Muovendo nell’esplorazione tattile dalla sommità del capo, in prossimità della scriminatura della capigliatura, sopra la fronte, al centro, per procedere lungo i profili del volto, con azione bimanuale simmetrica e speculare e movimenti avvolgenti delle mani, sarà possibile percepire il viso del Dio: tonico, ampio, disteso e sereno. Lo sguardo, che possiamo intuire solo dalla profondità delle vuote cavità orbitali, è comunque espressivo, quasi vagante e lontano, mentre l’inclinazione verso l’alto della testa, lievemente ruotata in direzione della spalla destra, s’addice ad una figura in riposo. Dal frammento della testa e dal taglio sul petto, si ipotizza la scultura fosse oltre che completa di corpo, anche cinta da un mantello poggiante sulla spalla sinistra, per quanto tale ipotesi non sia verificabile. Affidandoci a ciò che è tangibile e visibile, dall’espressione del volto si evince come Apollo sia qui ritratto nel momento dell’ispirazione poetica, una sorta di intenso rapimento estatico. E sembra che le labbra piccole e tumide stiano per schiudersi al canto. La fronte spaziosa, sulla parte superiore leggermente depressa, su cui la folta chioma si adagia, in parte coprendola, costituisce una zona di ombra e di unione che valorizza sensazioni tattili distinte e generate dalla percezione della levigatezza del volto, in magistrale contrasto con la natura più scabra e irregolare della capigliatura. Le ciocche si dispongono ordinatamente, sotto il nastro che le contiene e stringe sul capo; sono ondulate e si sollevano per perdersi in zone appena delineate, dalle quali risaltano meglio le curve sinuose, poi scendono sul collo e sulla schiena, in riccioli non più disposti in ordine rigoroso: libere sul lato sinistro, più raccolte al centro e a destra. Archi sopraccigliari, profilo del naso e modulazione del mento, sono solo alcune delle geometrie perfette esperibili anche al tatto che in tal modo può avvertire lineamenti tanto naturalistici, quanto puri.
Non conosciamo con certezza l’autore di questa pregiata scultura forse opera di Pasiteles, uno scultore campano operante tra Napoli e Roma nel I secolo avanti Cristo, di cui non si conoscono però opere originali o copie, ma solo notizie provenienti da fonti letterarie. Tecnicamente il bronzo è stato eseguito con la fusione detta a cera persa e nella chioma la rifinitura è stata compiuta con il bulino, quando il metallo ancora caldo e più malleabile. Il procedimento tecnico è stato condotto con perfetta maestria: lo provano lo spessore ridotto, abbastanza uniforme della lamina e l’assenza di ritocchi. L’esecuzione è rapida, scevra di minuzie, con tratti quasi impressionistici, ovvero intenzionalmente abbozzati: nel viso e nelle guance carnose e sul collo morbido, infatti, i piani si offrono modulati e al tocco, come allo sguardo, appaiono ampi e unitari.