Oreste, figlio di Agamennone e Clitemnestra, da bambino assiste all’uccisione del padre ad opera della madre e del suo amante, Egisto. La sorella maggiore Elettra, per salvargli la vita, lo porta dal re Strofio, in Focide, dove viene cresciuto insieme al cugino Pilade. Nove anni dopo Oreste, ormai adulto, si reca a Delfi e chiede all’oracolo come agire per vendicare la morte del padre. L’oracolo gli ordina di uccidere la madre ed Egisto. Oreste esegue l’ordine giungendo a Micene insieme a Pilade, dove con l’aiuto della sorella Elettra toglie la vita alla madre e all’usurpatore. Nella tragedia di Sofocle, Oreste, autore del matricidio, delude le aspettative di eroe tragico. Il personaggio che appare durante il corso della prima metà della tragedia è instabile, spossato, diviso tra momenti di follia e lucidità che producono un effetto di rovinosa sofferenza. Fondamentale nella sua vita è la presenza della sorella Elettra, nella quale oltre a riporre fiducia e speranza indiscusse, si rispecchia al punto di fondersi con lei. Un altro sostegno indispensabile per Oreste è Pilade, verso il quale nutre un sentimento di amicizia fraterna. Con l’aiuto di Pilade, Oreste riesce a superare i momenti di follia e a recuperare le forze. Elettra, che svolge un ruolo fondamentale nella vita di Oreste, funge da solido sostegno per il fratello malato, lo accudisce con amore aiutandolo durante il percorso che lo porterà alla guarigione. Elettra assume appieno le sue colpe di complice solidale, durante l’assassinio della madre, non si tira mai indietro, è pronta a morire accanto al fratello e nonostante ciò, dopo l’annuncio della sentenza di morte, il suo animo è gettato nello sconforto. Sugli avvenimenti successivi alla condanna a morte dei due fratelli le versioni discordano. Omero, secondo la tradizione greca, narra che le Erinni o Furie (il cui compito era di punire i gravi delitti) assalirono Oreste che per questo ricevette in dono, da Apollo, un arco con cui scacciarle. Eschilo ed Euripide narrano invece che le Furie fecero impazzire Oreste immediatamente dopo la morte della madre e lo perseguitarono senza tregua. Secondo Euripide, Oreste ed Elettra vennero condannati a morte e furono infine salvati da Menelao il quale, costretto da Apollo, convinse la gente di Micene ad accontentarsi di punire i due fratelli con un anno d’esilio.
Il gruppo scultoreo, opera di gusto classicheggiante, è stata attribuita alla scuola di Pasiteles, artista della Magna Grecia che tra la fine del I secolo a. C. ed il successivo, si ispira ad opere del V e IV secolo a. C., adottando soluzioni stilistiche autonome nelle quali riproporre modelli formali classici collaudati e noti. Il giovane Oreste che sembra volgere lo sguardo su qualcosa di trattenuto entro la mano sinistra sembrerebbe l’imitazione, eseguita da un allievo di Pasiteles, di un modello di atleta di stile severo, anatomicamente caratterizzato da spalle larghe, definizione naturalistica ma non troppo dettagliata della muscolatura, chioma appiattita sul capo e postura a chiasmo (il termine deriva dal greco χιασμός, che significa “disposizione a forma di chi”, dal nome della ventiduesima lettera dell’alfabeto greco, detta chi (χ) e indica la corrispondenza incrociata tra gli arti in riposo e quelli in azione. La posizione chiastica è indicata anche con il termine italiano “contrapposto” ed è una formula compositiva che consiste nella disposizione secondo un particolare ritmo, detto “chiastico”, teso a risolvere il problema dell’equilibrio della figura eretta, di modo che questa sia ritratta con un arto inferiore flesso e l’arto superiore del lato opposto teso, e viceversa.)
Anche le proporzioni del corpo di Elettra, la disciplinata pettinatura e l’espressione del suo volto, rimandano allo stile severo, detto anche protoclassico (480-450 a.C.), mentre la postura e la tunica, aderente al corpo, riconducono a modelli inclini a espressioni più intime e naturalistiche. I volti di Oreste ed Elettra sono atarassici, dunque olimpicamente imperturbati, malgrado le vicende che segnano la loro vita. Questa apparente assenza di emozioni non deve trarre in inganno, essa è, piuttosto, e simbolicamente, il superamento di ogni disarmonia, lo sforzo di ricondurre ogni moto dell’animo ad uno stato di elevazione dello spirito e compostezza. Non in tutte le stagioni della classicità si assiste a questo ideale, al contrario vi sono fasi in cui l’espressività è esasperata. Non qui, non nei periodi arcaico e severo, età a cui questa tarda scultura si ispira. Va ricordato che proprio la diversa età dei due personaggi e l’atteggiamento protettivo della donna nei confronti del giovane hanno indotto al riconoscimento del mito di Oreste ed Elettra. Per apprezzare totalmente la qualità estetica del gruppo statuario, si consiglia una lettura tattile bimanuale che in una prima fase permetta di percepire la coppia di fratelli nel suo insieme, per intuirne l’inscindibile legame. In un secondo momento è consigliata un’esplorazione tattile bimanuale delle singole figure isolate, infine un ritorno alla percezione simultanea della coppia di sculture, per poi accedere a una visione di insieme, e al tempo stesso dettagliata, sia del nudo virile di Oreste, sia della figura in abito drappeggiato di Elettra.
Non conosciamo con certezza l’autore di questa pregiata scultura, opera della scuola di Pasiteles, scultore campano operante tra Napoli e Roma nel I secolo avanti Cristo, di cui non si conoscono opere originali o copie, ma solo notizie provenienti da fonti letterarie. Tecnicamente il gruppo statuario non presenta superfici particolarmente curate, piuttosto si avverte una certa disomogeneità, forse dovuta a ripetuti restauri. Vi sono dettagli dei muscoli inguinali di Oreste, della spalla sinistra scoperta e della piega ascellare di Elettra, dei suoi seni virtuosi e coperti dall’abito, che rivelano una particolare attenzione esecutiva. Nel complesso l’opera presenta una costruzione canonica dell’anatomia di genere maschile e femminile che ha fatto di questo gruppo statuario un ottimo modello di studio presso le Accademie delle Belle Arti.