Madonna del Ricamo
Autore
Vitale da Bologna (noto anche come Vitale di Aymo degli Equi - documentato dal 1330 – morto ante 1361)
Datazione
1330 – 1340
Collocazione
Collezioni d’Arte della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna
Tecnica e dimensioni
affresco murale (staccato), cm. 118 x 79
Provenienza
ritratto
Soggetto iconografico
Madonna operosa
Il soggetto iconografico ha origini nella cultura bizantina e in genere nella cultura del Cristianesimo orientale. Il tema è la Madonna che lavora o Madonna operosa, ma non va dimenticato che questo tema si fonde all’immagine della Madonna col Bambino e risale sia alla raffigurazione della Vergine Madre, sia alle effigi delle Vergini annunziate bizantine, spesso ritratte con il fuso tra le mani o con ai piedi un cesto da cucito, all’interno del quale si scorge la tela e gli strumenti per filare, con al preziosa porpora, la cortina del Tempio.
Descrizione dell’opera
La lettura tattile del bassorilievo prospettico, traduzione tridimensionale dell’affresco Madonna del Ricamo di Vitale da Bologna, rappresenta un’esperienza percettiva vicariante la vista per coloro che sono non vedenti, ma anche complementare alla visione per coloro che, pur essendo normovedenti, desiderino rinforzare la conoscenza di questa splendida opera trecentesca. In ogni caso, si tratta di una esperienza conoscitiva che scaturisce dal contatto con la bellezza delle forme e con la loro funzione cognitiva ed emozionale. L’esperienza estetica che ne risulta è utile e preziosa per tutti, fondata sull’articolazione del pensiero per immagini e scandita dalle fasi di percezione, cognizione e interiorizzazione delle forme, approdando infine alla loro estensione di senso, per effetto del sentimento della forma.
Nella lettura bimanuale e sincronica dei volti di Maria e Gesù è percepibile l’intensità del rapporto affettivo tra Madre e Figlio e nell’andamento delle linee di contorno, volutamente evidenziate per effetto dei sottosquadri, si percepisce la variazione delle pieghe dei tessuti, in relazione alla postura assunta dalle figure, entro la spazialità dello sfondo.
Ponendo le mani sul contorno del rilievo, sarà possibile percepire il motivo decorativo che corre lungo i margini dell’affresco staccato, e la sua discontinuità per effetto della slabbratura della cornice, dettaglio riportato anche nel rilievo. Le piccole lacune presenti ci ricordano l’alterato stato di conservazione dell’opera, oggi riportata all’originario splendore dal recente restauro conservativo, miratamente integrativo. La Vergine, assisa su un cucino rosso parzialmente leggibile per una piccola sezione visibile a sinistra nella composizione, è raffigurata per tre quarti della figura in un’elegante postura, nel rispetto di un’iconografia affine a quella della Vergine dell’Umiltà. Ella non fila, né lavora coi ferri, né cuce, bensì ricama, forse con un filo di seta, la veste del Figliolo, chiara e simbolica allusione alla tunica della Passione. Al fianco sinistro di Maria, quindi a destra dell’osservatore, compare il Bambino, il cui volto, ritratto di tre quarti come quello di Maria, è incorniciato da riccioli riconducibili alla foggia delle capigliature classiche, a chiocciolette. Gesù è affettuosamente proteso verso la Madre ed evoca le icone bizantine delle Vergini della Tenerezza. La sua mano destra, delicatamente posta sulla spalla sinistra di Maria, dà l’impressione di un dolce richiamo di attenzione rivolto alla Madre operosa. La mano sinistra, con indice allungato, sembra invece indicare qualcosa che ad oggi risulta illeggibile, facendo intuire e ipotizzare la continuità della scena, purtroppo andata perduta. Gesù, aureolato come la Vergine, indossa una tunica semplice le cui pieghe si sviluppano con effetti di morbida caduta e aderenza al corpo, fino ai piedi. La Vergine volge delicatamente il viso verso il Figlio, mentre con l’affusolata mano destra regge l’ago e con la sinistra trattiene il lembo di veste non ancora ricamata. Il tessuto, che ricade sulle ginocchia della Vergine e compare anche sotto le gambe di Gesù, mostra un ricamo a losanghe incrociate, originariamente dorate, con motivi in bianco. Maria è stagliata su uno sfondo azzurro tempestato di stelle d’oro, e in prossimità del margine superiore è possibile scorgere raggi di luce, di cui restano poche tracce. La veste della Vergine, sormontata dal mantello rosso foderato di stoffa dal colore verde intenso, è raffinata, e dai toni rosati. Il motivo decorativo, che possiamo apprezzare al tatto, diviso da una fascia che attraversa diagonalmente la veste, e sulla quale è ravvisabile la tecnica della punzonatura, è il frutto dell’analisi dell’opera ai raggi infrarossi, che ha permesso l’identificazione esatta del disegno, a decorazione floreale. Il mantello, i cui panneggi cadono morbidi e plastici generando incantevoli curve, circonda la figura di Maria e ne copre delicatamente il capo, incorniciato da lunghi capelli biondi. Si tratta di un’opera in cui l’eleganza slanciata, di matrice gotica, delle figure, si fonde alla fisicità dei corpi, letti nella loro volumetrica plasticità. Infine notiamo un filo di seta che scende dalla cruna dell’ago, e curvandosi raggiunge il tessuto ricamato: si ha realmente l’impressione che la Vergine tenda il filo verso di sé, per poi ricondurlo al tessuto, intenta alla sua opera. E’ proprio la semplicità, e al tempo stesso la veridica spontaneità del gesto, a commuoverci e a farci sentire tutti legati a quel filo, metafora della continuità del messaggio cultuale e umanissimo di Vitale.
Cenni sull’autore e sullo stile
Tra gli artisti attivi in Emilia nel XIV secolo, Vitale da Bologna è stato considerato uno degli interpreti più importanti della pittura trecentesca e uno dei massimi esponenti della pittura bolognese, contraddistinta da una narrazione espressiva e incisiva. La Madonna del Ricamo è una delle opere più note e apprezzate di Vitale da Bologna, che qui coniuga umanità e sacralità della rappresentazione cultuale. Pur muovendo da suggestioni francesi, assimilate attraverso la conoscenza dei codici miniati, l’artista non perde quella vena realistica che rende la sua pittura testimonianza di una sensibilità penetrante, in grado di trasferire nelle immagini i caratteri psicologici dell’umano, anche quando rappresenta immagini ieratiche.
Autore della scheda: Loretta Secchi
Curatrice del Museo tattile di pittura antica e moderna “Anteros” dell’Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza – Bologna