Allegoria della Prudenza
Autore
Tiziano Vecellio
Datazione
1565 circa
Collocazione
National Gallery, Londra
Tecnica e dimensioni
olio su tela, 75,6 x 68,6 cm
Tema iconografico
Allegoria della Prudenza, con riferimento al tema della Vanitas, dello scorrere del tempo e del transeunte, e infine come emblema di coscienza nella relazione tra uomo, intelletto, azione e temporalità.
Il tema iconografico di questo dipinto emerge da importanti studi del primo Novecento, condotti dagli studiosi Erwin Panofsky e Friz Saxl e rielaborati in seguito da altri iconologi che sulle precedenti proposte interpretative hanno svelato il significato di questa allegoria.
In questo dipinto il significato concettuale è così impenetrabile che il dipinto stesso sembra non avere senso fino a quando non si scopra il suo significato più recondito. Esso ha tutte le caratteristiche dell’emblema. L’emblema infatti partecipa della natura del simbolo ma è particolare anziché universale; dell’indovinello, ma non è altrettanto difficile; dell’apoftegma, ma è di natura visiva anziché verbale, e infine del proverbio, ma è di carattere erudito, anziché tenere del luogo comune. Il presente dipinto è l’unica opera di Tiziano che presenti un vero e proprio motto o titulus:
EX PRAETERITO PRAESENS PRVDENTER AGIT NI FVTVRA ACTIONE DETURPET
Che tradotto suona: <>.
Gli elementi di questa scritta, tripartiti, sono disposti in corrispondenza alle tre coppie di volti umani e di musi animali che rappresentano passato, presente e futuro. Le tre divisioni del tempo sono poi subordinate al momento morale generato dalla condizione della Prudentia, a sua volta risultante dalla triplice e connessa scansione di memoria, intelligentia, providentia.
La rappresentazione di tre volti umani colti in tre età diverse: gioventù, maturità, vecchiaia, è da intendersi come visualizzazione dello scorrere del tempo e il collegamento all’immagine tricefala composta da un muso di cane, di leone e di lupo, va connessa allo stesso concetto di temporalità ma storicamente deriva dall’attributo anticamente assegnato al Dio Serapide, equivalente egiziano del Dio greco Apollo, concepita come simbolo di forza e soprattutto di ciclicità cosmica. Non casualmente l’immagine originaria del mostro tricefalo prevedeva anche la presenza di un serpente che doveva avvolgere nelle spire i tre animali ed evidenziare circolarità e divenire della categoria temporale.
Descrizione dell’opera
L’opera presenta tre volti umani sotto i quali, in perfetta corrispondenza, troviamo tre teste di animale. Partendo da sinistra, rispetto al lettore, riconosciamo l’autoritratto, visto di profilo, di Tiziano, si presume all’età di settantasette anni, immagine della vecchiaia, al centro della composizione troviamo il volto del figlio Orazio, a rappresentare l’età matura, e a destra ancora un profilo, quello del nipote di Tiziano, Marco, simbolo della gioventù. In corrispondenza assiale rispetto ai tre celebri ritratti unificati, scorgiamo, rispettivamente, tre animali. Partendo da sinistra rispetto al lettore, in corrispondenza all’autoritratto di Tiziano, vi è un lupo che guarda nella stessa direzione del pittore e sembra a lui assimilato per contenuto e tecnica pittorica. Tiziano infatti si autoritrae, in toni cupi, monocromi e con tecnica pittorica rapida, sfilacciata, con contorni evanescenti e forme aperte. Il suo volto, sormontato da un copricapo sagomato e rosso, è scavato dall’età e presenta lineamenti affilati. Sulla linea di demarcazione tra cappello e fronte si intravedono sparuti capelli bianchi. L’espressione degli occhi è accigliata, l’assetto del volto risulta, nel complesso, severo. La barba scende, con i baffi, sfibrata. Così appare anche il muso del lupo, il cui profilo e i cui contorni sembrano perdersi nello sfondo monocromo. Si tratta di un colore magro, diluito, steso a campiture rapide, metafora di un sembiante che sembra dissolversi.
In corrispondenza assiale al volto plastico e realistico di Orazio troviamo il muso di un Leone, definito con solidità e precisione, le stesse che Tiziano riserva al ritratto del figliolo prediletto. Orazio ha uno sguardo quasi perfettamente frontale, consapevole e concentrato. Dotato di una folta barba e di baffi, ha una capigliatura mora, folta e riccioluta. Il muso del leone è quasi antropomorfo, il suo sguardo è rivolto verso l’esterno dell’opera ma per la direzione frontale assunta, ricalca quello di Orazio e sembra volgersi in direzione dell’osservatore. Vi è infine il cane mansueto, dall’espressione mite, il colore fulvo e la lista sul muso. La mitezza dell’animale, sembra accordarsi alla dolcezza e alla bellezza dei lineamenti regolari del giovane nipote Marco.
La luce invade i due profili e li trasfigura, a sottolinearne il valore “proiettivo”. Il futuro viene così presagito e quasi incarnato da questa ultima coppia.
Per un corretto orientamento spaziale e per una efficace lettura tattile, è utile ricordare che Tiziano, ritratto di profilo, espone la parte sinistra del viso mentre il volto di Orazio è frontale e quello di Marco, nuovamente di profilo e speculare a quello di Tiziano, espone la parte destra del viso.
Ed ecco, di seguito, le direzioni dei loro sguardi: Tiziano e Marco guardano fuori dall’opera, rispettivamente a sinistra e a destra dell’osservatore. Orazio guarda verso l’osservatore ma in realtà lo sguardo oltrepassa idealmente il lettore e sembra volgere in direzione ben più lontana, oltre lo spazio umano. Con lo stesso criterio vanno quindi letti il muso del lupo, simbolo del tempo divoratore che consuma e conduce all’oblio i ricordi, rendendoli sfocati; del leone, simbolo di forza affermativa e vigorosa del presente e infine del cane mansueto, simbolo di speranza e aspettativa nei confronti del futuro.
Autore della scheda: Loretta Secchi
Curatrice del Museo tattile di pittura antica e moderna “Anteros” dell’Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza – Bologna