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Gli affetti

Autore

Giacomo Balla – (Torino, 18 luglio 1871 – Roma, 1 marzo 1958)

Datazione

1910

Collocazione

Stanze del Quirinale

Tecnica e dimensioni

olio su tela, cm. 68 x 52

Genere iconografico

ritratto

Soggetto iconografico

ritratto

La pratica del ritratto nasce nel mondo antico e si afferma in età rinascimentale per divenire genere nel Seicento. Le tipologie del ritratto sono numerose e spesso includono un’attenzione per la figura posta in relazione a un interno domestico, come avviene nell’arte fiamminga e nello specifico in questo ritratto di sapore simbolista, e del primo Novecento italiano. Al ritratto si attribuiscono qualità di indagine fisionomica e psicologica del soggetto. Affetti può essere definito un doppio ritratto evocativo e simbolico: l’opera di Giacomo Balla che ritrae nella casa di via Paisiello, a Roma, la moglie Elisa Marcucci, intenta ad ascoltare la figlioletta Luce mentre muove i primi passi nella lettura, testimonia l’intima e universale natura del sentimento materno. Il dipinto, replica dello scomparto centrale di un trittico realizzato nel periodo prefuturista, è datato al 1910 e nel 1914 fu acquistata dalla regina Margherita di Savoia, direttamente nell’atelier del pittore.
Affetti bassorilievo

Indicazioni di esplorazione tattile del bassorilievo e descrizione dell’opera

Per una buona restituzione al tatto dell’opera Affetti di Giacomo Balla, la traduzione tridimensionale del dipinto, la cui dimensione ha misure quasi uguali all’originale, presenta rilievi modulati per facilitare il riconoscimento delle volumetrie del viso e dello sviluppo morbido delle vesti della madre e della bambina. Dopo avere fatto scorrere le mani lungo il perimetro del rilievo, iniziamo la lettura tattile sincronica e bimanuale del volto muliebre, percependo il lieve scorcio di tre quarti e l’inclinazione del viso verso la sinistra della madre, quindi, destra del lettore. La posizione del corpo di Elisa è frontale: il busto aperto e le gambe accavallate, con la destra poggiante sulla sinistra. La figura spazialmente collocata alla destra del lettore è seduta. Lo spazio a sinistra è occupato dal corpo minuto della bambina raffigurata nel suo profilo destro china sulla madre. Lo scorcio delle gambe accavallate di Elisa offre visivamente, ma anche tattilmente, una conca occupato dalla bambina che, alla destra della madre, e ritratta di profilo, si allunga sulle gambe stando in punta di piedi, con il busto chino e le braccia appoggiate sulle gambe della mamma. impegnata a leggere la lettera che ha fra le mani. Tra la mamma assorta nell’ascolto e la figlioletta intenta nella lettura si avverte un’intima fusione affettiva, sobria e tenera al tempo stesso. Con un’esplorazione avvolgente, e di contenimento tra le mani dei volumi e della modulazione delle forme, si coglierà la dolcezza del volto della madre, l’espressione riflessiva dello sguardo abbassato sulla lettera che la bambina legge, la natura pronunciata delle palpebre e il disegno definito degli archi sopraccigliari, l’ampiezza della fronte e il disegno netto dell’acconciatura raccolta, la linea elegante del profilo del naso, infine le guance con zigomi alti, l’eleganza del mento e della bocca, le cui labbra risultano ben disegnate. Il braccio destro della madre, coperto da una veste con maniche ampie, è allungato lateralmente e la mano che afferra l’impugnatura di una tazza da the poggia su un tavolo. Il braccio sinistro, sempre coperto da una manica a sbuffo della veste di primo Novecento, appare morbidamente disteso e la mano sembra trovare delicato sostegno su un angolo della seduta, qui coperto dall’ampia e spessa gonna sotto la quale si avverte, pudicamente, anche la conformazione anatomica delle gambe della donna. Nel ritratto originale la tecnica pittorica, improntata alla resa dei chiaroscuri interni alla stanza, si offre con pennellate sintetiche e toni caldi, volti a restituire punti di luce e di ombra, per generare delicati e sfumati chiaroscuri sul viso della madre Elisa e della figlia Luce. Nella traduzione in bassorilievo del dipinto certi valori pittorici sono stati trasformati, per quanto possibile, in percezioni tattili che vanno dalle sensazioni più porose volte a restituire vesti e parti indefinite poste sullo sfondo della stanza, alla lettura di superfici lisce e nette corrispondenti alle geometrie regolari del tavolo, per giungere alla resa del turgore degli incarnati relativi alle due presenze femminili. La bambina, vestita semplicemente, con una gonna che copre le ginocchia e scopre parte dei polpacci, rendendo visibili i piedi calzati, ha una posizione tipicamente infantile e raccolta che suscita tenerezza e protezione. Il volto della bambina è dolce, la palpebra superiore destra e le lunghe ciglia sono ben evidenziate e l’espressione è serena, i capelli sono corti e lasciano scoperto il suo delicato viso.

Analisi stilistica e cromatica

Dal punto di vista stilistico e cromatico questo ritratto si caratterizza per affinità con la pittura simbolista, volta a usare il colore secondo funzioni evocative e non propriamente naturalistiche. L’intensificarsi dei toni scuri sullo sfondo contrasta con l’incarnato eburneo della donna e della bimba. Nondimeno, questo dipinto di Giacomo Balla rivela sia l’attitudine del pittore a trasfigurare la realtà, sia la maestria nel rappresentare con autenticità tratti riconoscibili di realtà.

Cenni biografici sull’artista

Giacomo Balla nasce a Torino il 18 luglio del 1871. E’ considerato uno dei più significativi esponenti del simbolismo italiano, del divisionismo e della corrente futurista. Fin dall’adolescenza, rivela la sua predilezione per le arti visive e la fotografia, pur avendo ricevuto dal padre anche una solida educazione musicale che si rifletterà in alcune delle sue composizioni pittoriche. Dopo gli studi superiori, a Tornino frequenta l’Accademia Albertina presso la quale studia prospettiva, anatomia e composizione geometrica: competenze, queste, funzionali alla resa esatta, sia pur stilizzata e interpretata, del corpo umano in movimento, secondo i principi della corrente futurista che tendeva a includere nella rappresentazione pittorica il tempo dell’azione con sapienti geometrizzazioni dei soggetti trattati. Pur essendo stato uno dei massimi esponenti del Futurismo, movimento che nasce nel 1909 e al quale l’artista aderirà con piena convinzione, in Balla convivono più anime e qualità estetiche in cui si avvertono sia l’origine impressionista, simbolista e divisionista della sua pittura, sia quella meno evidente ma presente nella sua arte, di ispirazione espressionista. Nel 1895 l’artista lascia Torino per stabilirsi a Roma. Nella capitale diventa un avanguardista della tecnica divisionista. Nel 1897 si fidanza con Elisa Marcucci, in seguito sua consorte e madre della primogenita figlia Luce. Il primo decennio del Novecento è caratterizzato da una fertile produzione pittorica e da una attenta analisi strutturale alla quale farà seguito, dal 1915 circa, una tendenza alla ricerca di sintesi compositiva che lo renderà esponente indiscusso del futurismo ed ideale erede della pittura di Umberto Boccioni. Nel 1918 pubblica il manifesto del colore grazie al quale indaga la funzione della cromia nella pittura d’avanguardia. Gli anni Venti e Trenta sono per Balla dedicati alla militanza politica fascista ma nel 1937 l’artista dichiarerà pubblicamente di considerarsi ormai estraneo alle attività futuriste. Accantonato dalla critica per alcuni anni, sarà rivalutato solo a partire dal secondo dopoguerra, con esposizione delle sue opere in sedi museali nazionali e internazionali. Muore a Roma il 1 marzo del 1958, all’età di 86 anni.

Autore della scheda: Loretta Secchi

Curatrice del Museo tattile di pittura antica e moderna “Anteros” dell’Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza – Bologna